lunedì 16 maggio 2016

Campagna contro l'uso dell'etichetta "gufi" in politica


Capita di questi tempi, in politica, di vedere affibbiata sempre più spesso l'etichetta di "gufi" a coloro che esprimono valutazioni critiche con riferimento alle scelte degli amministratori pubblici.
Ora, posto che disfattismo e scetticismo esercitati in maniera fine a se stessa non sono mai auspicabili, di questa renzianissima retorica del gufo non se ne può francamente più.
E per varie ragioni.

Anzitutto perché non è accettabile che il dibattito pubblico e la (sacrosanta) messa in discussione delle scelte della politica vengano delegittimati con simile superficialità: in democrazia è bello, oltre che opportuno, rispettare la dialettica e l'espressione delle opinioni. Anzi, il (vero) politico, colui che ha veramente a cuore la polis, dovrebbe rallegrarsene: si tratta di sintomi di un tessuto sociale vivo, capace di elaborare idee ed esercitare spirito critico.
Oppure la politica - e rischia di essere una domanda retorica - si nutre solo del consenso informe, dell'apatia dei cittadini, in letargo perenne una volta esercitata la delega attraverso l'urna (evenienza, questa, sempre più rara)?

Ma non se ne può più anche perché la "retorica del gufo" viene utilizzata in politica ma esula dalla politica: non è, infatti, politicamente maturo annientare opinioni difformi o addirittura (lesa maesta!) opposte attraverso argomentazioni che non riguardano il merito delle scelte e dell'agire pubblico, ma che richiamano ad altre categorie, di natura morale e comportamentale.
In altri termini: "a te, gufo, neanche rispondo nel merito, perché sei ontologicamente pessimista, disgraziato e iellato e, in quanto tale, non meriti nulla".

Insomma, la sparata renziana dei "gufi e rosiconi", che risale oramai a svariato tempo fa, sembra essere stata assimilata nel linguaggio politico, degli amministratori pubblici e - ahinoi - anche dei media. Retorica spicciola, in grado di imperversare a destra come a sinistra, sia a livello nazionale che locale, impoverendo terribilmente il dialogo sulla cosa pubblica.



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