giovedì 6 marzo 2014

(Non) sono solo canzonette



Le immagini e i video di Matteo Renzi nelle scuole di Treviso, prima, di Siracusa poi, hanno un ché di inquietante. Non tanto perché sia realistico pensare - ovviamente - ad un vero profilo di idolatria o di culto della personalità. Su questo si può fare della più che legittima ironia, suggerita dal comportamento del Primo ministro, ostentatamente adulatore e forzatamente imbonitore. Il premier amicone, che manda in bordo di giuggiole i piccoli. 

«L’adulazione e il servilismo spacciati per entusiasmo genuino sono valori profondamente sentiti nel nostro Paese - scrive Massimo Gramellini su La Stampa - perciò meriterebbero di essere sviluppati in proprio e non per interposto bambino». 

Ironia e questioni di stile a parte, il problema è un altro. Il problema è che queste sono immagini di propaganda. 
Sono immagini, cioè, da campagna elettorale.
Matteo Renzi è oggi il presidente del consiglio dei ministri di un governo - il terzo non eletto dai cittadini italiani, che fa promesse mirabolanti e che si autoproclama governo del fare - ma si comporta, di fatto, come se fosse prossimo alle elezioni, con l'impellenza di raggranellare consenso qua e là.   In cerca, probabilmente, di quella legittimazione popolare che per il momento non ha avuto (per sua scelta). 
Di solito prima si ottiene il consenso, poi si governa. In questo caso è il contrario, si governa e, nel mentre, si ottiene il consenso. 
In queste scene, dunque, c'è la dissociazione della corrente attualità politica nostrana: da una parte si fa, si è al governo e si lavora, con un occhio, però, allo scenario sempre aperto delle urne. 


È il pericoloso cortocircuito tra azione di governo e campagna elettorale. 
Il vero disturbo bipolare della politica  italiana. 


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