venerdì 28 febbraio 2014

#FreeAJStaff




Mohamed Fahmy, Baher Mohamed e Peter Greste e Abdullah al-Shami. Sono i quattro dipendenti dell'emittente Al Jazeera da mesi prigionieri in Egitto con l'accusa di sostenere i terroristi. 
La campagna mediatica per la loro liberazione non si ferma. L’hashtag è #FreeAJStaff. 

lunedì 24 febbraio 2014

Pari opportunità, il ministero che non c'è. Per fortuna.


Ok, adesso dirò una cosa politicamente scorretta. 
Una cosa per cui in tanti (in tante) storceranno il naso. 
Nel nuovo esecutivo non c'è il ministero per le pari opportunità. E non se ne sente la mancanza. 
Il punto è che la parità è un diritto universale che deve essere difeso da tutti: dal ministro dell'economia e da quello del lavoro, per esempio, che dovrebbero lavorare per ridurre, fino ad eliminarlo, il gap salariale tra i sessi o contrastare il fenomeno del mobbing. Oppure dal ministero della salute, che dovrebbe (come ha fatto in passato) offrire adeguati servizi alle donne e alle loro sacrosante scelte, con uno sguardo attento anche alle esigenze delle donne straniere, nel rispetto della diversità culturale. Ma sarebbe anche il caso che il ministero della pubblica amministrazione vigilasse sul funzionamento di quest'ultima e se davvero le opportunità sono uguali, al suo interno, per uomini e donne. 
Sono quelle che in Europa chiamano politiche trasversali: certi obiettivi devono investire l'azione del potere pubblico nel suo complesso, in tutte le sue ramificazioni. 
Si tratta del cosiddetto "gender mainstreaming": portare la questione di genere - donne, ma anche tutela dei diritti degli omosessuali - al centro dell'azione pubblica. Una strategia per far sì che l'uguaglianza di genere non sia un canale collaterale, accessorio, la cenerentola delle altre politiche, ma ne sia parte integrante.   
Mettere, insomma, un determinato pensiero o una determinata azione al centro della "corrente principale", al centro cioè dei programmi e delle strategie della politica, dell'amministrazione e dell'economia, rendendoli al contempo una prassi ovvia e naturale. 
Molti diranno: eh no, i segnali, così come i simboli, servono eccome. 
E invece non è così. Anzi, spesso non fanno altro che reiterare, riproporre nel tempo vecchi modelli (la società è così e non cambia, serve e servirà sempre un ministero per le donne). 
"Non è un ministro che cambia la società - scrive Rossi Marcelli su Internazionale - la parità di diritti non può essere ridotta a una materia di competenza di qualcuno. Mi suona come se avessimo un ministro dell’onestà o un ministro della democrazia". 
In fondo è un fatto culturale, dove ognuno di noi può (e deve) fare la propria parte. 
Ad esempio i media generalisti potrebbero cominciare a farsi un esame di coscienza. Già, perché il Messaggero titola
"Governo, tra il blu elettrico e rosa shocking, le ministre si prendono la scena",
mentre Repubblica opta per un più minimal ma non meno grave: "otto ministre, tutti i look", con annessa galleria fotografica. 
Ecco, è molto più utile abolire titoli come questi, che invocare imbalsamate iniziative ministeriali. 
Quello che non deve mancare, dunque, non è il ministero, ma la volontà politica di perseguire certi obiettivi. 
In molti (in molte) gridano allo scandalo. 
Ma davvero non si sente la mancanza di un Ministero di serie B, spesso salottiero e che sa tanto di riserva indiana. 

giovedì 20 febbraio 2014

I Am a Ukrainan



Un video di due minuti diventa rapidamente virale.
È una giovane di Kiev a chiedere la nostra attenzione, per sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sul dramma che si sta consumando in Ucraina.
E per combattere l'indifferenza.

martedì 18 febbraio 2014

Il teatro della politica



«Da uomini di teatro sappiamo che una personalità come quella di Renzi gioca tutto sulla velocità, sull'incantamento, sulla prestigiazione. 
Quindi bisogna essere veloci affinché l'incantamento non termini». 

Con queste parole ha catturato la mia attenzione, Ruggero Cappuccio, regista e attore teatrale, ospite ieri sera a Linea Notte, edizione notturna del Tg3. 
Si parla, ça va sans dire, di Matteo Renzi, come non può essere altrimenti, nel giorno del conferimento dell'incarico di governo. 
E immaginifico come solo può esserlo chi produce arte, Cappuccio descrive la politica dei nostri tempi con una metafora, suggestiva e calzante: 
«Gli italiani hanno la netta sensazione che Camera e Senato siano diventati una sorta di Hotel Excelsior: se vincete voi, le suites a voi e le camere a noi, se vinciamo noi le suites a noi le camere a voi. L'importante è che nessuno esca dall'albergo. E se a qualcuno, di notte, occorre una bottiglia di Dom Pérignon, basta bussare e ve la allunghiamo». 
Questa, secondo Cappuccio, è una sensazione diffusa.  
«Quando si arriva sull'orlo del baratro, però, non c'è che essere ottimisti», aggiunge. «Guardiamo con ottimismo alla prestigiazione».
Ma a far riflettere è soprattutto il passaggio in cui Cappuccio propone un parallelismo tra teatro e politica. 
«Le regole del teatro, negli ultimi venti anni, impallidiscono al cospetto delle regole della politica. I teatranti recitano con la complicità del pubblico. 
Il pubblico sa che in quel momento sta guardando una rappresentazione. 
La politica pretende di fare del teatro con delle regole di finzione che tendono fondamentalmente a raggirare l'ascoltatore.  
Mentre la finzione della politica è marketing, la finzione del teatro è arte». 

Renzi, dunque, sarebbe artificio? 
Non proprio. O meglio, non lui solo. 
«È evidente che oggi ogni politico - in particolare un politico giovane, rapido, rampante, che ha capito che bisogna battere tutto e tutti sulla velocità - deve necessariamente rapportarsi con quelle che sono le percezioni del pubblico
Rapportarsi alle percezioni significa arrivare con una Smart in una certa strada, presentarsi ad un appuntamento con una giacca, presentarsi senza giacca ad un altro appuntamento, scegliere tra il colletto di camicia e la cravatta».  
«Non dico che non esistano degli spontanei in questo tipo di mondo, in questo tipo di fauna, ma è evidente che molti sono costretti a studiare questo tipo di atteggiamento.  
D'altra parte lo studio cominciò già trenta o quaranta anni fa: c'era Almirante che abbottonava la giacca prima di ogni comizio, mentre Berlinguer sapeva scegliere molto bene le pause. Un altro grande pausista amletico fu Craxi».  
Ma è centrale la differenza tra quell'epoca e quella odierna: 
«Quel tipo di uomini, però, tendeva fondamentalmente a fare un lavoro sulla retorica del discorso, nel porgere, la generazione politica di oggi tende a fare un lavoro sulla retorica dell'apparire, nel porsi».
«E in tutta questa rapidità - conclude Cappuccio - i messaggi che vengono inviati spesso vengono da noi ricordati nel come sono stati inviati, ma i contenuti sono il più delle volte obliati, dimenticati. 
E questo è abbastanza preoccupante»

Nel mare magnum di commenti di più o meno sedicenti esperti, opinionisti, osservatori e provincialissimi maître à penser, la voce di un outsider della politica, di un autore teatrale, è la migliore, la più mirata alla sostanza della delicata fase che stiamo atrraversando. 
Che non è solo questione di incarichi di governo, ministeri e congegni istituzionali, ma è un dato culturale e sociale, che ha a che fare con i nostri usi e i nostri costumi. 
Contenuto e forma. Dove finisce l'uno e dove inizia l'altra? Quanto la logica dell'apparire depaupera di senso ciò che si comunica? Fino a che punto è giustificato fingere per alimentare la macchina del consenso?
Finzione e artificio sono sempre esistiti, con la differenza che prima stavano nella retorica, in quel complesso di contenuti che fornivano un orizzonte culturale e valoriale. 
Oggi, invece, stanno nella costruzione della personalità, di un ego capace di produrre approvazione. 
Non resta che rifletterci su. 


giovedì 13 febbraio 2014

Renzi e D'Alema: travolti da un insolito destino



In questi giorni lo si evoca spesso, così come viene evocato quel giorno del 1998 in cui sostituì Romano Prodi in quel di Palazzo Chigi. Qui un Massimo D'Alema - Sabina Guzzanti  è cinico e spietato. Come spesso cinica e spietata è la politica. 
Scenari un po' differenti da quelli odierni (allora c'era stata una crisi di governo), ma certe "fregole" governative rimangono, eccome. 

domenica 9 febbraio 2014

Goodbye, internet freedom




Turkish police use tear gas and water cannons to disperse protesters demonstrating against Internet censorship.

The draft bill, which would enable mass surveillance of internet users, is due to be debated in Turkey's parliament in the coming days.

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Lacrimogeni e cannoni d'acqua: la polizia turca disperde i manifestanti, in piazza contro la censura della rete.

Il provvedimento - che prevede una sorveglianza sull'utilizzo del web - sarà all'esame del parlamento turco nei prossimi giorni.





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mercoledì 5 febbraio 2014

Tu vuo' fa l'americana




Un altro marchio storico del Made in Italy finisce in mani straniere, per la precisione quelle del gruppo americano Haworth, molto noto nel settore dell'arredamento per ufficio.