domenica 11 agosto 2013

In volo


Gli aeroporti.
Ogni volta – e non importa quanta sia l’abitudine ad attraversarli – ti stupiscono.
Per il loro essere sempre uguali a se stessi.
Crocevia di visi, razze e colori.
Business or pleasure, 24ore o zaini da campeggio, non importa: in aeroporto siamo tutti individualità in movimento, singoli parte di un inafferrabile reticolo di direzioni e mete.
Zone tutte speciali dove si incontrano uomini e donne, dove si fondono fusi orari e dove il tempo è sospeso.
Non esistono climi, la temperatura è sempre quella, e non c’è altitudine o latitudine che faccia la differenza. Puoi solo intuire, guardando oltre il vetro, cosa c’è fuori.
O accontentarti dei negozi di souvenir, con la loro pretesa di riassumere intere nazioni.

Dove c’è – anche con Schengen – l’incontro con l’autorità pubblica, fosse anche per un solo rapido sguardo alla ID.
Luoghi dove impari, volente o nolente, a perdere tempo. Dove l’attesa – non c’è tablet o smartphone che regga – è sempre attesa, con la sua noia e con le sue speranze.

Tempo sospeso, in attesa di riagganciare il tempo reale,
Il tempo della vita vera, quella vissuta.

Perché – quando ci spostiamo – è come se fossimo in stand by.
Pronti per una nuova avventura 

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