venerdì 11 gennaio 2013

Al lavoro. Per il lavoro.



Mentre in Italia ci si scalda, tra gli altri, sul tema del lavoro, anche in Francia le polemiche in merito non si risparmiano. Il dibattito è più che mai acceso e la sfida non poco impegnativa. Semplificando, la posta in gioco è questa. Da una parte, c’è l’impresa che chiede maggiore flessibilità e, dall’altra, il lavoro dipendente, che chiede stabilità e certezze. In mezzo, un meccanismo ancora tutto da definire allo studio dal governo di Françoise Hollande (questa sembra essere la settimana cruciale per le trattative).

L’impresa vorrebbe anzitutto poter avere, quando necessario, la libertà di  spostare un dipendente in termini di mansione e/o di sede, salvaguardando – come è ovvio – qualifica e livello retributivo. Se il lavoratore rifiuta, scatta il licenziamento per “motivi personali”, procedura più snella rispetto al licenziamento economico. Altro scenario: il datore di lavoro procede a riduzioni salariali temporanee, in grado di salvaguardare però le assunzioni (l’operazione, nel suo complesso, deve però essere approvata da almeno il 50% dei dipendenti). Anche qui, il lavoratore che si oppone può essere licenziato. Infine, le imprese vorrebbero un ridotto potere di giudizio della magistratura sui temi più delicati (piani di ristrutturazione, ricorsi ...).

I sindacati – dal canto loro – chiedono un aumento dei contributi sui contratti brevi o brevissimi. Il fine? Disincentivare l’utilizzo di forme contrattuali responsabili della crescente precarizzazione degli ultimi anni (i contratti inferiori al mese e, a volte, addirittura sotto la settimana sono aumentati negli ultimi dieci anni dell’88%). Il sindacato, inoltre, chiede che le imprese finanzino l’assistenza sanitaria complementare per tutti i lavoratori.
Voi che ne pensate?


(Questo post trae ispirazione dall'ottimo articolo di Marco Moussanet
"Parigi cambia le regole sul lavoro", Il Sole 24 Ore, 8 gennaio 2013)

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