martedì 21 febbraio 2012

Nuovi equilibri



L’Eurogruppo ha (faticosamente) raggiunto un accordo sui nuovi aiuti alla Grecia. Ma questo lo sapete già. Così come sapete già che 130 miliardi confluiranno ad Atene, sotto il controllo degli osservatori della cosiddetta troika, e cioè dell’Unione, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.

Quello che – in tutta questa vicenda – risulta più che atipico, è l’entusiasmo quasi europeista di una Gran Bretagna che – per tradizione e per scelte recenti – particolarmente europeista non è mai stata. «Il salvataggio della Grecia è più che positivo per la Gran Bretagna», ha commentato un euforico George Osborne, ministro delle finanze nella Queen’s Land. «Risolvere la situazione greca è un passo fondamentale per risolvere la crisi dell’Eurozona», ha aggiunto. E – va da sé – risolvere la crisi dell’Eurozona rappresenta uno stimolo fondamentale per l’economia inglese.

Ancor più stupefacente è che proprio il Regno Unito figuri – assieme a Italia e Olanda – tra i paesi dai quali è partita l’iniziativa di scrivere un documento programmatico sotto forma di lettera, inviato a Barroso e a van Rompuy. Il testo – che prende spunto da una precedente missiva di Mario Monti al Consiglio europeo – chiede, in poche parole, “più Europa”. Si invoca il completamento del mercato interno europeo (in primis nel settore dei servizi), la realizzazione del mercato unico digitale e del mercato unico dell’energia.
Al fine di potenziare i commerci, si auspicano accordi internazionali, mentre è ritenuto di vitale importanza ridurre quella zavorra di oneri amministrativi che pesano sulle imprese europee. Altro obiettivo della ricetta per la crescita è quello di promuovere – nei singoli paesi – un mercato del lavoro ben funzionante, che crei più opportunità di impiego. E, dulcis in fundo, operare per ottenere un “settore dei servizi finanziari che sia solido, dinamico e competitivo, che crei posti di lavoro e offra sostegno vitale a cittadini ed imprese”.
L’iniziativa italo-britannico-olandese ha poi raggranellato il consenso di altri 9 paesi (Estonia, Lettonia, Finlandia, Irlanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svezia e Polonia). Manca – e l’assenza si nota – la firma di Germania e Francia, i due paesi che più negli ultimi mesi hanno gestito gli affari europei, sollevando da più parti il timore di un asse eccessivamente decisionista ed accentratore.
Che grazie al rinnovato attivismo europeo italiano si siano modificati gli assetti di potere dell’Unione, creando alleanze inaspettate ed insolite?  E’ presto per dirlo. Certo è che oggi collaborazioni ed intese nell’Europa a 27 si sono fatte più fluide e meno prevedibili.
Benvenuti nell’Europa dalle geometrie variabili.
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