sabato 1 ottobre 2011

Ue: cercasi urgentemente un leader! intervista a Marc Lazar

Docente di storia alla prestigiosa SciencesPo di Parigi, politologo, visiting professor e ora Presidente della School of Government all’Università Luiss, Marc Lazar è – soprattutto – uno dei più acuti osservatori dei vizi e delle virtù della nostra cara vecchia Europa.
Professore, com’è l’Europa di oggi?
Capace di fare molte cose: e, per questo, un progetto sul quale investire. Meriti e capacità, però, hanno bisogno di essere dimostrati in concreto, altrimenti l’Ue rimarrà distante e incompresa, scarsamente convincente per l’opinione pubblica. Quello attuale, comunque, è un momento di grande incertezza, soprattutto in termini di distribuzione del potere.
In che senso?
È venuto meno il “motore franco- tedesco”, da sempre molto importante nell’evoluzione dell’integrazione europea.
Il tandem Parigi-Berlino non riesce più a spingere in avanti l’Europa?
Berlino punta soprattutto a giocare le proprie carte nell’Europa centro-orientale e in Russia, trascurando il rapporto con la vicina Francia. Parigi, invece, non ha ben definito le proprie priorità europee: spera ancora in un’Europa politicamente francocentrica oggi impossibile. In un’Unione allargata non può più pensare di detenere la leadership politica. E’ finita l’epoca della tradizionale ripartizione (potere economico alla Germania, potere politico alla Francia). Nell’Europa a 27, occorre ridefinire nuovi assetti di potere.
Il Trattato di Lisbona introduce qualcosa di nuovo in questa direzione?
Per lo meno sulla carta, esistono disposizioni che, se ben utilizzate, potranno rafforzare l’Europa. Ma sopravvivono i soliti “difetti europei” che rendono la strada da percorrere ancora lunga. In particolare, rimane un’esasperata e pesante ingegneria istituzionale che rende il congegno dell’Unione eccessivamente macchinoso.
Sul fallimento del Trattato costituzionale ha inciso pesantemente l’esito del referendum in Francia nel 2005, che ha irrimediabilmente bloccato la Costituzione. Da cittadino francese come ha vissuto quel momento?
Personalmente ho creduto a questo progetto e ho votato a favore del Trattato. Ma l’esito negativo della consultazione francese e olandese ha avuto davvero un effetto letale sull’idea di Costituzione europea.
Si parla spesso di euroscetticismo. Questa disaffezione, secondo lei, dipende da un difetto strutturale di un’Unione Europea troppo complessa e poco democratica oppure incidono anche le difficoltà congiunturali di un periodo di crisi indiscutibilmente difficile?
Entrambe le cose: l’elenco che lei ha fatto coglie esattamente tutti i punti critici della fase attuale. Sicuramente oggi non c’è ostilità diffusa nei confronti dell’Europa: la cornice europea è stata oramai assimilata, per lo meno nella maggior parte dei Paesi. La gente “si è abituata” all’Europa. Ma ci sono anche forti dubbi, alimentati da una percezione spesso distorta dell’operato dell’Unione. Ci si interroga sul futuro. Si dubita sulla possibilità di costruire un’Europa sociale. E spesso non ci si rende conto dei meriti dell’Ue.
Questa diffidenza verso il potere riguarda solo l’Europa?
No. In realtà si inserisce in un malessere democratico diffuso, generale. Me ne rendo conto in particolare oggi, in qualità di Presidente della School of Government: le società odierne hanno forte tendenza a rigettare, a volte odiare, le elite. Nel caso dell’Europa, a ciò si aggiunge la convinzione che questa allontani il potere e renda ancora più oscura la gestione della politica.
Un forte sentimento di antipolitica, dunque?
Sì, non solo a livello nazionale ma anche sul piano europeo. Per questo bisogna dare risposte chiare e concrete alla gente.
Un rimedio?
Allargare il bacino di reclutamento delle elite, in modo che queste riflettano le diverse componenti sociali ed etniche delle nostre società. Porre fine alla loro autoriproduzione.
Come colloca l’Unione europea nell’attuale contesto internazionale?
Innanzitutto oggi, grazie ad Obama, c’è un grande ritorno dell’America. Ma ci sono anche Paesi emergenti, giovani e dinamici, che “ci sfidano” su più piani: pensiamo a Cina, India, Brasile, Turchia. Di fronte a questo mutato contesto geopolitico internazionale, per evitare di perdere terreno l’Europa deve attrezzarsi.
Si riaffaccia l’immagine di una vecchia Europa decadente?
In parte sì, abbiamo la tendenza pessimistica a dipingerci come vecchia gloria in declino. Ma è pur vero che bisognerebbe trovare qualcosa o qualcuno in grado di ridare spinta propulsiva al processo di integrazione.
Quindi un leader?
Certamente. Manca quello che è un elemento chiave: la narrativa. In altre parole, serve qualcuno che racconti ai cittadini un progetto, un obiettivo... Occorre un leader che abbia la capacità di incarnare e rappresentare qualcosa per “animare” gli europei.
Ma ciò è reso difficile dal fatto che in Europa manca uno spazio civico davvero comune e una popolazione davvero unita da mobilitare...
Questo è vero, l’Europa è un “oggetto politico non identificato” ed è un sistema totalmente originale. Ma il cantiere merita di essere avviato.
Come bisogna lavorare in questo cantiere?
Cercando di coinvolgere i cittadini, di trovare un contenuto e di avviare un processo di identificazione. Insomma, ridare “gusto” all’Europa

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